Alcune domande | |
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Don Luciano, il vescovo l’ha nominato recentemente Cappellano dell’Opera Apostolato del Mare. Qual è il significato di questa nomina? |
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Livorno è una città portuale, e il nostro porto nella panoramica nazionale è certamente uno dei più importanti, ogni anno vi transitano circa 650 mila marittimi di tutte le nazionalità: Filippini, Ukraini, russi, indiani, bulgari, turchi, cinesi, indonesiani, polacchi, inglesi … l’elenco delle nazionalità è davvero lunghissimo; naturalmente anche gli italiani. È davvero il mondo che è rappresentato su una piccola striscia di terra lungo il mare, ma separata dal resto del territorio, un luogo “sospeso”, una terra di confine in molti sensi, quasi un “non-luogo”. |
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Può spiegare meglio? |
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Il porto è una porzione del nostro territorio che da un lato ha il mare che è “altro” rispetto alla terra ferma: il mare è immenso, sconfinato, ma, da sempre, luogo di comunicazione e di trasporto. Le navi portano persone e merci, ma anche i propri confini di acciaio che nascondono una comunità di persone, una piccola società che vive, lavora; oltre i confini delle paratie il marittimo scorge il suo paese e la famiglia amata, ed il porto dove poggiare i piedi per terra ed allacciare i rapporti con il resto dell’umanità e le persone amate. |
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Qual è allora la funzione dell’Apostolato del Mare? |
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È quello di permettere il superamento di questi confini, che oltre ad essere reali sono anche psicologici. I confini rimangono tali anche quando i marittimi sostano in un porto per qualche ora e sembra che tutte le strade di comunicazione diventino aperte… confini che si portano dentro anche tornando a casa, sulla terra ferma, nella famiglia amata che ogni volta trovano cresciuta e diversa. |
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Concretamente cosa offre? |
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Il primo punto, quello qualificante – per cui ci vorrebbe un maggior numero di volontari – è quello delle visite a bordo. Le soste delle navi sono brevi legate al costo dell’ormeggio allo stretto tempo necessario per lo scarico ed il carico e non sempre è possibile ai marittimi di scendere a terra. La visita, sempre graditissima, è una ventata di umanità in una comunità ristretta; si scambia qualche parola, si ascolta molto … è una “pastorale in cinque minuti” per offrire sostegno e coraggio, condividere un pensiero o una preghiera, percepire i bisogni e trovare una qualche soluzione, magari in un porto successivo a cui i volontari comunicano la problematica. A bordo si portano le “news”, le notizie del loro paese e nella loro lingua che giornalmente arrivano al Centro; poi si offre la possibilità di comunicare con la propria famiglia portando telefoni e schede telefoniche “dedicate”. |
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E la figura di un prete? |
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Intanto il prete dovrebbe essere l’anima dei volontari, quello che offre lo stile e la qualità della accoglienza che diventa testimonianza cristiana. Tre cose sono maggiormente richieste dai marittimi: il Vangelo (abbiamo una edizione multilingue), il rosario e le immaginette con le preghiere. Il Prete, quando sale a bordo ha sempre una parola da spendere ed una preghiera da condividere. Questo avviene anche con i cristiani ortodossi e i musulmani. A questa quotidianità si aggiungano le occasioni della celebrazione della Messa a bordo in particolari occasioni, della confessione, la benedizione di una nave … Il prete da solo, però, può fare poco. Occorrono volontari che si appassionino a questo “rapporto” nuovo con tanta gente così diversa e ricca di umanità come la Gente di Mare. Per farci conoscere abbiamo pensato ad un primo incontro con la visita al Centro, venerdi 2 dicembre, passando dal varco Valessini che per l’occasione sarà aperto. Sarà occasione anche per visitare una porzione di questo luogo affascinante che è il Porto. In prospettiva ci sarà, da febbraio, un corso per i volontari. |
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